L’orso delle caverne

Ursus spelaeus Rosenmüller, 1794
CHI È?

L’orso delle caverne è un orso estinto, vissuto in Europa ed Asia durante il Pleistocene Medio e Superiore.
Fu citato per la prima volta nel 1774 da Johann Friederich Esper nel suo libro “Newly Discovered Zoolites of Unknown Four Footed Animals”.
Espen, in mancanza di collezioni di confronto, associò i resti dell’orso delle caverne a quelli dell’orso polare. Fu Johann Christian Rosenmüller, un anatomista dell’Università di Lipsia a descrivere la nuova specie nel 1794 e, poiché le ossa venivano sempre ritrovate nelle grotte, la chiamò Ursus spelaeus.
L’orso delle caverne aveva una struttura scheletrica simile all’orso bruno, ma di dimensioni molto maggiori, potendo superare quelle degli attuali orsi del Nord America (Kodiak e Grizzly). Il peso medio per i maschi era di 350-600 kg, ma alcuni esemplari potevano arrivare a 1000 kg e, ritti sulle zampe posteriori, raggiungere 2,5 m di altezza. Le femmine erano più piccole.
L’orso delle caverne è stato probabilmente l’orso più grande mai comparso sulla terra.
Rappresentante tipico della megafauna pleistocenica, è estinto durante l’ultimo periodo glaciale.

LA STORIA EVOLUTIVA (FILOGENESI)

Nel Pleistocene inferiore (tardo Villafranchiano) appare in Europa Ursus etruscus, da cui si sono evoluti prima Ursus deningeri e poi Ursus spelaeus. Tra queste due specie non c’è una separazione netta: si suppone che Ursus spelaeus sia evoluto nel Pleistocene Medio dall’orso di Deningeri attraverso diverse forme intermedie, come Ursus spelaeus deningeroides. Da molti autori Ursus deningeri e Ursus spelaeus sono considerate cronospecie, cioè variazioni nel tempo della stessa specie.

COSA MANGIAVA L’ORSO DELLE CAVERNE?

L’orso delle caverne era prevalentemente erbivoro.
Questa specializzazione si riflette nella morfologia del cranio e dei denti e dallo studio degli isotopi:

  1.  il cranio era molto sviluppato rispetto al corpo, con un’enorme cresta sagittale e delle prominenti arcate zigomatiche per l’inserzione dei potenti muscoli atti alla masticazione;
  2. i denti si sono modificati, diventando più larghi e meno appuntiti;
  3. mancano due o tre paia di premolari su 4 per mascella con formazione di un diastema (spazio tra canini e denti posteriori adiacenti, tipico degli erbivori). Per compensare questa perdita, l’ultimo molare è molto allungato con delle cuspidi supplementari;
  4. i denti presentano uno smalto relativamente spesso e con una struttura adatta ad alimenti più duri ed abrasivi;
  5. i denti usurati sono quelli degli individui più anziani, che arrivavano a consumarli fino alle radici e all’osso mandibolare;
  6. dallo studio degli isotopi e delle microusure dentali, si deduce che l’orso aveva una dieta composta principalmente da vegetali, con l’occasionale aggiunta di fonti proteiche come insetti, pesci o carne in funzione delle risorse ambientali. Questa flessibilità ecologica poteva avvenire o poco prima del letargo, dove gli orsi delle caverne aumentavano lo spettro della dieta per avere più riserve energetiche, o sulla base della disponibilità stagionale.
COME VIVEVA?

Come gli orsi attuali, era un animale solitario, ad eccezione delle femmine con i piccoli. Trascorreva il periodo invernale in letargo all’interno delle grotte.
Gli orsi bruni attuali, se vivono in zone dove c’è un vero clima invernale, vanno in letargo da tre a sette mesi e non mangiano, bevono, urinano o defecano durante questo periodo. Le femmine danno alla luce i loro cuccioli e li allattano.
Durante il letargo, la fisiologia degli orsi delle caverne del Pleistocene Medio e Superiore sembra essere stata molto simile. Le femmine partorivano ed allattavano i cuccioli nelle grotte e, sulla base di studi di usura dentale, vi si rifugiavano anche con i cuccioli di un anno.

DOVE VIVEVA?

L’orso delle caverne è stato a lungo considerato una specie europea, ma studi recenti hanno dimostrato che era presente anche in Asia, estendendo il suo areale fino ai monti Altai ed alla Siberia nord-orientale.

QUANDO È ESTINTO?

Gli ultimi resti di orso delle caverne sono datati 25.648- 24.807 anni fa (datazione fatta con il carbonio 14), in una delle fasi più fredde dell’ultimo periodo glaciale. La cavità dove sono stati trovati questi resti è la Grotta Stajnia, in Polonia, probabilmente una zona di rifugio per gli ultimi orsi delle caverne perché non coperta dai ghiacci durante l’ultimo periodo glaciale.

PERCHÉ È ESTINTO? 

Il raffreddamento climatico dell’ultimo periodo glaciale e la conseguente scarsa vegetazione sono stati probabilmente i principali responsabili della sua estinzione. Il deterioramento climatico inizia in Europa circa 30.000 anni fa e culmina circa 24.000 anni fa. Il clima si fa sempre più freddo ed arido, si diffondono le steppe e la tundra, si abbrevia il periodo vegetativo e si riduce la disponibilità di piante di alta qualità. Questo è stato cruciale per l’orso delle caverne, perché non soltanto la vegetazione era più scarsa e di minore qualità (l’orso delle caverne era una specie erbivora), ma anche perché il letargo invernale durava di più, aumentando le probabilità di morte. Nelle grotte, infatti, sono stati trovati tanti resti di orso delle caverne proprio perché vi morivano durante il letargo se non riuscivano ad accumulare sufficienti riserve di grasso durante l’estate. Inoltre sono stati trovati anche reperti fossili con patologie come l’artrosi.

Altre probabili concause responsabili della scomparsa dell’orso delle caverne:

  1. la dispersione in tante piccole popolazioni, che ha causato un impoverimento genetico ed una riduzione del tasso riproduttivo, con conseguente aumento della mortalità;
  2. l’arrivo di nuove specie come l’orso bruno (Ursus arctos), più competitive ed adattabili all’ambiente;
  3. la troppa selettività riguardo i luoghi dove trascorrere il letargo. I resti di orso delle caverne sono stati trovati quasi esclusivamente nelle grotte. La competizione per questi siti con altri predatori e con l’uomo potrebbe aver influito sull’estinzione dell’orso delle caverne a causa della grande dipendenza dalle cavità di questa specie rispetto ad altre come l’orso bruno;
  4. un’attiva predazione durante il letargo da parte di carnivori come leoni delle caverne, iene, lupi ma anche da parte dei cacciatori umani.

Nella grotta Pocala (Duino-Aurisina, Ts) sono state trovate ossa di orso con morsicature e rosicature riconducibili all’azione di carnivori.

Scoperte sul Carso triestino

Sul Carso triestino, i resti dell’orso delle caverne sono stati ritrovati in alcune grotte.

La scoperta più recente.

La Caverna degli Orsi, a San Dorligo della Valle (Ts), numero catasto 5075/5725VG, fu scoperta nel 1992 da Bruno Baldi e Claudio De Filippo, speleologi dell’associazione XXX ottobre del CAI di Trieste e scavata dal 1993 dal Dipartimento di Scienze Archeologiche dell’Università di Pisa.

La Caverna degli Orsi è risultata essere una tipica tana di orsi delle caverne che, una volta chiusa a causa di una frana, ha mantenuto intatto l’ambiente di frequentazione dell’orso, risultando perciò un sito di estremo interesse paleontologico. Si vedono ancora i “nidi” da letargo, depressioni scavate dagli orsi dove hanno probabilmente dormito durante il letargo invernale, i segni lasciati dalle unghie sulle pareti e, su alcune rocce, delle aree lucidate dallo sfregamento delle pellicce.

La cavità più famosa.

La Caverna Pocala (Duino Aurisina, Trieste) numero catasto 173/91VG, fu esplorata per la prima volta nel 1893 da Ludwig Karl Moser, insegnante del Ginnasio statale di lingua tedesca di Trieste e Giovanni Andrea Perko un suo allievo, poi direttore delle grotte di Postumia. Il deposito pleistocenico fu scavato per la prima volta da Moser nel 1903-1904, quindi da Carlo Marchesetti (direttore del Museo Civico di Storia Naturale di Trieste dal 1876 al 1921) nel 1904-1905, dove “.. Furono estratti 162 individui che, aggiunti a quelli scavati antecedentemente, formano il numero considerevole di ben 294 esemplari…..Non meno di 62 teschi interi, di cui parecchi misurano 50 e più centimetri di diametro….” (Marchesetti C., Bollettino della Società Adriatica di Scienze Naturali, 1908).
I reperti scavati da Carlo Marchesetti sono conservati al Museo Civico di Storia Naturale di Trieste e due scheletri completi, montati, di Ursus spelaeus della Caverna Pocala, sono esposti nelle sale del museo dedicate alla Paleontologia.
Successivamente fu Raffaello Battaglia (1896-1958), direttore dell’Istituto di Antropologia all’Università di Padova dal 1940, ad iniziare 2 campagne di scavo nella Caverna Pocala:
nel 1926, per 15 giorni, e nel 1929 per 4 mesi.
Battaglia scavò 7 trincee, con l’intento di studiare la stratigrafia del deposito, ma fu costretto a concludere gli scavi nel 1929 a causa di ignoti che devastarono gli scavi togliendo tutte le indicazioni stratigrafiche.
Nel 2013 è stata pubblicata una lettera manoscritta da Battaglia, datata 27 febbraio 1956, nel quale scrive:

“I miei scavi ….. furono frustrati dalla cattiveria del Perco che fece togliere i cartellini con le indicazioni stratigrafiche!”
(Boschian G., in “Raffaello Battaglia e la collezione paletnologiche dell’Università di Padova”, 2013).

Perco (o Perko) era l’allievo di L.K. Moser che scoprì assieme a lui la caverna Pocala nel 1893 (Per ulteriori approfondimenti: GUERRA TRA ARCHEOLOGI: LE RICERCHE DI L. K. MOSER NELLE GROTTE DEL CARSO. Catalogo dell’esposizione a cura di Paolo Paronuzzi e Deborah Arbulla).

Successivamente, Eugenio Neumann farmacista e commerciante triestino (1847-1928), intraprese, dal 1907 al 1914, 15 campagne di scavo, individuando 247 teschi di adulti di Ursus spelaeus, mentre con le ossa raccolte si poterono ricomporre ben 23 scheletri completi (da Battaglia R., Atti del Reale Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, 1920).
Seguirono quindi 70 anni di abbandono delle ricerche nella cavità fino al 1998, quando il Museo Civico di Storia Naturale di Trieste rincominciò ad occuparsi della Caverna Pocala, per opera di Ruggero Calligaris, allora conservatore del museo. E’ stata aperta una nuova trincea che, dopo anni di scavo nel riporto, ha portato agli strati non rimaneggiati nel 2003-2004, sotto la direzione di scavo di Calligaris e Gernot Rabeder (professore dell’Istituto di Paleontologia dell’Università di Vienna). Oggi la cavità è chiusa e si stanno continuando gli studi stratigrafici, la determinazione e la datazione dei reperti.

LE NUOVE SCOPERTE: L’ANALISI DEL DNA MITOCONDRIALE DELL’ORSO DELLE CAVERNE

Sulla base dell’analisi del DNA mitocondriale (mtDNA) alcuni studiosi suddividono le popolazioni di Ursus spelaeus in quattro aplogruppi (cioè un insieme di individui con combinazioni genetiche diverse e con un antenato comune) principali: tre derivanti da Ursus spelaeus, (Ursus spelaeus spelaeus, Ursus spelaeus ladinicus, Ursus spelaeus eremus) ed una nuova specie, Ursus ingressus, più grande e specializzata, adattata a vivere nelle regioni dell’Europa centro orientale.
Nel Caucaso, invece, compare Ursus kudarensis e, nelle steppe degli Urali e della Siberia, Ursus rossicus.
Questi autori intendono, per Ursus spelaeus sensu stricto (Ursus spelaeus s.s.):
U. spelaeus spelaeus, U. spelaus eremus, U spelaeus ladinicus;
per Ursus spelaeus sensu lato (Ursus spelaeus s.l.) intendono invece tutte le specie del gruppo “orsi delle caverne”:
Ursus spelaeus sensu stricto, Ursus ingressus, Ursus kudarensis, Ursus rossicus e Ursus deningeri.

Altri studiosi, invece, criticano l’uso quasi esclusivo della genetica per definire le varie specie e sottospecie di Ursus, che considerano tutte all’interno dell’unica specie Ursus spelaeus, caratterizzata da una forte variabilità stratigrafica e geografica a causa del frazionamento della popolazione e del progressivo adattamento all’habitat (come nel caso di Ursus spelaeus ladinicus, più piccolo e meno robusto perché adattato all’alta quota).

Gli orsi della caverna Pocala:

Un lavoro del 2015 [Rossi M., Santi G., 2015, Observation on the Ursus gr. spelaeus remains from the Pocala cave (Trieste, Friuli Venezia Giulia, N. Italy). Revue de Paléobiologie, Genève, n. 34, pag. 77-84] basato sullo studio di crani, molari e premolari di Ursus spelaeus della Caverna Pocala in deposito al Museo Geologico e Paleontologico dell’Università di Padova, ha rilevato che la popolazione della Pocala presenta un trend evolutivo simile a quello di altri siti italiani, con un mosaico di caratteri arcaici e moderni tipico dell’Italia ma raramente osservato in altri siti europei. Dei campioni di orso esaminati, la dentatura presenta i caratteri più arcaici, mentre la grande taglia degli individui è tra i caratteri più evoluti. Questo lavoro, basato sullo studio dei caratteri morfologici, morfometrici e morfodinamici dei campioni esaminati attribuisce i fossili di orso della Caverna Pocala alla specie Ursus spelaeus Rosenmüller, 1794.

LE PRIME ANALISI AL RADIOCARBONIO DEI REPERTI DELLA CAVERNA POCALA

Sono stati datati con il metodo del radiocarbonio 11 reperti provenienti dalla Caverna Pocala.

Reperti Pleistocenici:
5 reperti, 4 di orso delle caverne ed uno di Cervus elaphus hanno dato risultati più antichi di 45.000 anni fa, il limite del metodo di datazione.
Un resto di Cervus elaphus è stato datato 44.700-43.420 anni fa.
Un resto di orso delle caverne della collezione Moser è stato datato 38.470-36.520 anni fa.

Reperti Olocenici
Un reperto di Bovide è stato datato 8.440-8.240 anni fa.
Un reperto di caprovino è stato datato 4.295-4.027 anni fa.
Un reperto di cinghiale è stato datato 398-565 d.C.
Un reperto di cavallo è stato datato 673-884 d.C.

Museo Accessibile

Un progetto che si articola in due percorsi divulgativi semplificati, utili a favorire la visita

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