Dinosauro Bruno e fossilizzazione

DINOSAURO BRUNO

Il secondo dinosauro trovato quasi completo al sito paleontologico del Villaggio del Pescatore, nel comune di Duino Aurisina (Trieste), appartiene alla stessa specie del dinosauro Antonio, Tethyshadros insularis ed è conosciuto come dinosuro “Bruno” (inv. 57247).

La storia della scoperta di Bruno

Il dinosauro Bruno è stato scoperto durante la campagna di scavo del 1998-99 per il recupero del dinosauro Antonio, finanziata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.
Nel 1998 il blocco di roccia nel quale si trovava Bruno è stato tagliato alla base con il filo diamantato, tecnica usata in tutto lo scavo. Una volta tagliato, il blocco è stato spostato. Era necessario avere lo spazio per arrivare al punto dove si trovava il dinosauro Antonio, che doveva ancora essere scavato. All’interno del blocco si vedeva la sezione di un osso relativamente sottile e si pensò potesse essere la corazza di una tartaruga. Solo l’anno dopo, dopo all’apertura del blocco, si è capito che il reperto non era una tartaruga ma un dinosauro.
Preparare il dinosauro non è stato possibile fino al 2019 perché il taglio del blocco con il filo diamantato fatto nel 1998 aveva affettato sia il cranio che la parte terminale della coda di Bruno, che erano quindi rimasti dentro la roccia della cava. Le loro sezioni erano visibili sul piano di cava del sito del Villaggio del Pescatore per molti anni: il cranio fino a giugno 2018, quando è stato rimosso; la parte finale della coda fino a luglio 2019. L’estrazione della coda ha permesso di completare il recupero di tutto il dinosauro.
Il dinosauro Bruno completo è stato presentato per la prima volta al pubblico il 6 dicembre 2019.

I dinosauri Bruno e Antonio sono uguali?

“Bruno” è più grande di “Antonio” di quasi un metro ma è meno completo, presentandosi conservato al 70%. Ma quello che lo distingue particolarmente e lo rende unico, è che si trova posizionato su una piega che lo curva di 180 gradi, con le ossa plasticamente deformate. Questo significa che, guardando il blocco di roccia, da un lato si vedono il cranio, il collo, il busto, il bacino e una parte della coda mentre dall’altro lato si vede la parte restante della coda e alcune ossa delle zampe posteriori. Anche la parte terminale della coda si trova su una piega, con le ultime vertebre portate verso l’alto.
Oggi “Bruno” è al Museo Civico di Storia Naturale, dove è stata realizzata una nuova sala espositiva, in accordo con la Soprintendenza.

Vetrina sulla Fossilizzazione

Nella vetrina sulla fossilizzazione, i numerosi reperti del museo sono la chiave per spiegare come avviene questo prodigioso fenomeno della natura, che ha come risultato finale quello di trasformare in roccia un reperto organico.

La fossilizzazione sarà facilitata in ambienti tranquilli, stagnanti, a bassa energia (paludi, stagni, lagune, ecc.) dove si deposita materiale molto fine (fango). Sarà al contrario difficile in ambienti dove le acque non sono così calme, o addirittura dove sono presenti forti correnti come, per esempio, nei fiumi dove i sedimenti sono più grossolani (sabbie e ghiaie).

Ancora più rara è la fossilizzazione in ambiente terrestre, dove è generalmente assente la sedimentazione e, quindi, molto rapida la decomposizione degli organismi. Quando il peso dei sedimenti sovrastanti, ormai stratificati, è notevole, lo scheletro può subire deformazioni. Viene compresso e diviene parte integrante del sedimento litificato, diventato roccia.

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