Giuseppe (Josef) Müller nacque a Zara (Zadar, HR), ma la maggior parte della propria vita la trascorse a Trieste, dove ricoprì importanti cariche: per un lungo periodo (1921-1945) fu prima curatore e poi direttore del Museo di Storia Naturale, direttore dell’Orto Botanico, della Stazione Fitopatologica e fondatore dell’ “Aquario Marino”.
Müller fu uno dei più importanti entomologi (studiosi di insetti) della prima metà del XX Secolo ed anche uno dei pionieri della biospeleologia (studio della vita nelle grotte). I suoi studi furono focalizzati principalmente sui coleotteri del Carso, sia sotterranei che di superficie e scrisse oltre 200 monografie, articoli scientifici ed altro. Scienziato eclettico, scrisse di vermi marini, epidemie di tifo, siero antiveleno dei serpenti, insetti, animali cavernicoli e molto altro. Fondamentale per lo studio dei coleotteri locali è il suo libro “I Coleotteri della Venezia Giulia”, edito in due volumi (1926, 1953).
Prese parte a una spedizione scientifica nell’Africa Orientale, ma le sue ricerche lo portarono ad esplorare soprattutto aree più vicine, con spedizioni spesso non meno avventurose: come le tante compiute nei monti della Dalmazia, dove all’epoca per la presenza di briganti era necessario viaggiare in gruppo, con armi e accompagnati da guardie con compito dia difensivo che di controllo dell’attività. Nonostante ciò, Müller esplorò ogni angolo dell’Adriatico Orientale, raccogliendo reperti per le collezioni scientifiche e scoprendo molte nuove specie.
Vanto del Museo di Storia Naturale di Trieste, la collezione di Müller ammonta a decine di migliaia di esemplari, tutti studiati e classificati, raccolti durante migliaia di giornate di ricerca sul campo. E’ preservata in 130 scatole entomologiche, incluse 80 di grande formato, fitte di esemplari e rappresenta tuttora un database molto importante per lo studio dei coleotteri delle Alpi Orientali e dell’area adriatica.
Gli animali delle grotte spiegati da Müller
Nel 1926 il Touring Club Italiano pubblica il “Duemila Grotte, attingendo agli archivi della Commissione Grotte della Società Alpina delle Giulie di Trieste, il più antico gruppo speleologico del mondo. All’interno di questa prima sintesi monografica delle grotte del Carso, è Müller a scrivere il capitolo dedicato alla fauna. Nel suo articolo del “Duemila Grotte” Müller dedica un paragrafo all’ “influenza delle condizioni d’ambiente sugli animali cavernicoli”, con “modificazioni del corpo” più o meno spinte coinvolgenti “il colore”, “gli organi visivi”, “la compensazione dei sensi”. Avvalendosi di foto e disegni originali, Müller illustra tali “modificazioni”, confrontando le forme cavernicole con quelle viventi in superficie. Questi adattamenti “dimostrano l’evoluzione subita nell’adattamento alla vita cavernicola (riduzione degli occhi e allungamento delle antenne)”
Attorno a Müller, con la sua conoscenza enciclopedica e il suo carisma, si forma una scuola di entomologia, con allievi; alcuni dei quali diverranno a loro volta scienziati di fama. Come Edoardo Gridelli, che gli succederà al Museo nel ruolo di direttore. Al Museo Müller fonda una “Sezione Entomologica” e la tradizione triestina in materia di entomologia prosegue tutt’oggi, sia al Museo, sia con il Gruppo Entomologico Triestino “G. Müller”, a lui dedicato, che ha ripreso le “Käferabend”, periodiche riunioni entomologiche serali allora presiedute dal Maestro. Il gruppo e il Museo proseguono anche le ricerche biospeleologiche, continuando a raccogliere dati e scoprire nuovi organismi cavernicoli.